Dissenso alle liti condominiali

pubblicato: venerdì, 5 gennaio, 2018

Dissenso alle liti condominiali

Di Luigi Salciarini – Nel condominio è regola generale che le decisioni inerenti alla gestione del fabbricato vengano assunte dall’assemblea con deliberazione a maggioranza, anche quando si tratta di liti giudiziarie.

Ma al singolo è data la possibilità di sottrarsi all’imperio dell’assemblea, con il: cosiddetto “dissenso alle liti” previsto dall’articolo 1132 del Codice civile.

Secondo tale norma «qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda il condomino dissenziente (…) può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza (…)».

Ma quali regole seguire perché questo dissenso sia espresso correttamente e abbia piena efficacia?

  • Dalla norma deriva l’effetto di separare la posizione processuale del condominio rispetto a quella dei singoli condòmini.

Infatti, così come il singolo, in taluni casi, può agire autonomamente in difesa degli interessi condominiali anche se il condominio ritiene di non farlo, allo stesso modo questo singolo ha la facoltà di non agire o di non rispondere alle pretese altrui.

  • Se, da un lato, è pacifico che l’articolo 1132 del Codice civile si applichi alle “liti” tra il condominio ed un “terzo”, meno sicuro è se riguardi anche le liti “interne”: tra il condominio e un condòmino (si veda la recente sentenza della Cassazione n. 13885/2014).
  • La norma riguarda solo le liti che sono state interessate da una deliberazione dell’assemblea (sentenza della Cassazione n. 2259/1998), con la conseguenza che il singolo condòmino non ha la possibilità di esprimere il suo dissenso in ordine alla controversia promossa direttamente dall’amministratore (fatta salva l’attivazione del meccanismo di cui all’articolo 1133 del Codice civile).
  • Il dissenso deve essere esercitato per iscritto e comunicato all’amministratore, è sufficiente anche una lettera raccomandata (si veda il fac simile allegato), senza necessità del rispetto delle formali regole processuali (sentenza della Cassazione n. 2967/1978).

Va quindi ritenuta valida anche la manifestazione del dissenso mediante dichiarazione “a verbale” (da distinguersi, però, dall’espressione di voto contrario alla delibera che dispone la lite, come ha chiarito il Tribunale di Napoli con la sentenza dell’8 gennaio 2003).

  • L’atto di dissenso deve essere esercitato entro il perentorio termine (decadenziale) di 30 giorni che decorre dal momento in cui il condòmino ha avuto conoscenza della deliberazione assembleare: quindi, dalla riunione per il dissenziente, e dalla ricezione del verbale per l’assente.
  • Quanto agli effetti, il “dissenziente” è esonerato dalle spese attribuite al condominio a seguito di soccombenza; ma non da quanto attiene all’oggetto principale della domanda (per esempio, dal contribuire al risarcimento disposto dal giudice).

Di conseguenza, è invalida la deliberazione che pone a carico del dissenziente una quota/parte delle spese di lite sostenute dal condominio (da ultimo, sentenza della Cassazione n. 1485/1996). In ogni caso, l’articolo 1132 del Codice civile non si applica alle spese c.d. “stragiudiziali” (come quelle per un parere legale: caso chiarito dal Tribunale di Firenze con la sentenza 4149/2006).

GECOSEI di Giuseppina Napolitano

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