Stato legittimo dell’immobile, che cos’è?

pubblicato: sabato, 24 ottobre, 2020

Stato legittimo dell’immobile, che cos’è?

Stato legittimo dell’immobile, le norme introdotte dal decreto Semplificazioni.

Avv. Francesco Saverio Del Buono – Foro di Bari 22/10/2020

Il tema della regolarità urbanistica degli immobili oggetto di compravendita è uno dei più delicati e dei più dibattuti, a partire dalla questione relativa alla commerciabilità del bene non conforme alle autorizzazioni urbanistiche ed edilizie rilasciate all’atto di costruzione, o in momenti successivi all’atto della realizzazione di interventi sottoposti ad autorizzazioni edilizie.

Questo aspetto, è evidente, è spesso fronte di contenzioso tra venditore ed acquirente, che può lamentare delle irregolarità di cui quest’ultimo ne risponde in caso di contestazione da parte delle Pubbliche Autorità; contenziosi che sono stato oggetto di diverse sentenze della Corte di Cassazione che hanno individuato le cause di nullità dell’atto di compravendita e le responsabilità delle parti (venditore, mediatore, notaio).

Stato legittimo e decreto Semplificazioni

A cercare di risolvere questa situazione, e dare certezza alla regolarità dell’immobile alle prescrizioni urbanistiche, edilizie, catastali è intervenuto il Decreto Legge 16.07.2020 n. 76 (Decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni dalla Legge 11.09.2020 n. 120, il quale nell’ambito dell’introduzione, con l’articolo 10, di una serie di norme finalizzate a semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, modificando l‘art. 9 bis del Testo Unico in materia edilizia (il DPR 380/2001), vi ha inserito il comma 1-bis relativo allo stato legittimo di un immobile, definito quale lo stato “quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali “.

A completamento di tale disposizione vi è stata l’introduzione dell’art. 34 bis nel DPR 380/2001, il quale prevede che la dichiarazione asseverata dichiarante le tolleranze esecutive realizzate nel corso di interventi edilizi sull’immobile sia allegata agli atti di “trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali”.

Pertanto un professionista abilitato dovrà asseverare che l’immobile si trovi nello stato legittimo, e che pertanto non vi siano difformità rispetto al titolo edilizio con il quale è stato realizzato o con il quale sono stati realizzati interventi successivi che possano averne modificato la situazione originaria, esclusi i casi di difformità (le tolleranze non superiori al 2%).

Una prospettiva totalmente nuova rispetto a quella presente fino ad ora, in cui era il venditore dell’immobile che doveva dichiarare in atti gli estremi della concessione edilizia o domanda in sanatoria (art. 40 l. 47/85 e successivamente art. 46 DPR 380/01 per gli immobili la cui costruzione è iniziata dopo il 17.03.1985), la conformità catastale dell’immobile (art. 52 comma 1-bis l. 52/85).

Stato legittimo e immobili che non necessitano di titolo edilizio

E nei casi in cui all’epoca della costruzione non era necessaria l’acquisizione di un titolo edilizio per l’edificazione? Anche di questa ipotesi si occupa il nuovo comma 1-bis, disponendo che ” Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo e’ quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali “.

E’ un caso non infrequente, relativo a quegli immobili costruiti ante 1942, cioè precedentemente alla legge 1150/42, o anche successivamente a questa e fino al 1 settembre 1967 per gli immobili costruiti fuori dai centri abitati: infatti la legge del 1942 prevedeva che al di fuori dei centri abitati non vi era un obbligo generale di richiedere una licenza edilizia, se non lo prevedesse espressamente il regolamento edilizio comunale.

In tutti questi casi di carenza del titolo edilizio dovranno essere utilizzati, per la redazione della dichiarazione asseverata, gli strumenti di cui sopra.

Usi della dichiarazione di stato legittimo dell’immobile

Come detto la norma dell’art. 9-bis comma 1-bis DPR n. 380/01 va letta in combinazione con l’art. 34 bis, il quale indica quali soggetti possono redigere l’attestazione di stato legittimo (tecnici abilitati) e per quali usi è richiesta:

– per la presentazione di nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie (all’interno della stessa modulistica);

– per atti di trasferimento, costituzione, o scioglimento della comunione di diritti reali (con apposita dichiarazione asseverata).

Nell’attestazione andranno in ogni caso indicate le tolleranze esecutive realizzate in precedenti interventi, che non costituendo per espressa previsione dell’art. 34-bis violazioni edilizie, non andranno ad invalidare lo stato legittimo dell’immobile.

Le due norme non dispongono però un obbligo di produzione dell’attestazione da parte del venditore in sede di compravendita dell’immobile: ciò nonostante l’acquirente potrebbe richiederla, al fine di verificare la regolarità edilizia dell’immobile che acquista, fermo restando gli obblighi per il venditore di cui all’art. 46 dello stesso DPR 380, pena la nullità dell’atto (per gli immobili di costruzione successiva al 17.03.1985).

Fonte: https://www.condominioweb.com/stato-legittimo-dellimmobile-le-norme-introdotte-dal-decreto-semplificazioni.17488

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